Articolo sul settimanale “L’Espresso” a favore della liberalizzazione
Cari amici dell’Espresso,
da oltre un ventennio, oramai, ossia da quando “Panorama” è diventato il gazzettino di un delinquente, ho delegato a voi il compito di tenermi aggiornato sui fatti del mondo, imparando ad apprezzarvi per serietà, equilibrio e professionalità. Mi sia consentito, pertanto, di rivolgermi a voi chiamandovi “amici”. Restano, ovviamente, le differenze di pensiero, che affiorano in modo eloquente e incontrovertibile sui grandi temi, senza, per altro, mettere in discussione il rispetto e la simpatia conquistati in tanti anni.
Affettuosamente, pertanto, manifesto il mio dissenso per il fuorviante titolo dell’articolo, sicuro retaggio di una leggerezza redazionale, essendo esso più offensivo per voi che per chi legge. Offensivo perché scialbo, sciocco, addirittura ridicolo e non certo degno della Vostra brillante tradizione.
E’ legittimo che, nei pascoli culturali che alimentano il Vostro divenire, si propenda per la liberalizzazione delle droghe, in particolare di quelle “cosiddette” leggere. Non è certo una novità e lo stesso Saviano, cui siamo tutti tributari di riconoscenza e gratitudine per le sue battaglie al servizio della legalità, è un convinto sostenitore di tale provvedimento. Non vi è nulla di male in questo. E’ male, però, far passare un presupposto culturale come “conveniente” per qualche cosa. Nella fattispecie come deterrente nei confronti della criminalità. Con lo stesso principio potremmo decidere di legalizzare le tangenti, l’evasione fiscale, il falso in bilancio e così via. Rendiamo legali una grande messe di cose illegali e togliamo ossigeno ai criminali.
Legalizziamo anche i magnaccia, che potranno in tal modo sfruttare le prostitute senza timore di incorrere nei rigori della legge. Non scherziamo.
Non vi contesto il diritto di pensare come volete, in ossequio a quella libertà che sappiamo tutti essere un vessillo che va difeso ad ogni costo. Non dobbiamo imbrogliare, però. Il confronto tra chi vuole legalizzare le droghe e chi, invece, le droghe combatte senza indugio, come il sottoscritto, è un confronto culturale, che non può essere né sminuito né banalizzato con argomenti manichei e strumentali.
I vostri lo sono. I miei no, perché il mio pensiero è molto semplice: no alla droga, educazione alla vita e lotta senza quartiere agli spacciatori di morte. E’ forse anche per questa chiarezza, che non necessita di artefici concettuali, che il mio pensiero ha una valenza maggiore ed è più degno di essere preso in considerazione.
(Lino Lavorgna)