
Incipit 1
Quod principem deceat circa militiam. (Traduzione non letterale, adattata alle circostanze attuali: Ciò che si addice, in campo militare, a chi governa).
“Tra le altre cause, il fatto di essere disarmato ti reca danno perché ti fa disprezzare. Questa è una di quelle infamie dalle quali il principe si deve guardare, come più sotto si dirà (Riferimento ai capitoli XIX e XXV, N.d.R.) Non vi è proporzione tra chi disponga di armi e chi, invece, non ne disponga. Chi fosse ben armato, ragionevolmente, non obbedirà mai a un nemico senza armi; allo stesso modo si può dire che un Paese senza un esercito in grado di difendersi adeguatamente, costretto ad arruolare dei mercenari, non potrà mai sentirsi completamente al sicuro, dovendo sempre temere di essere tradito o abbandonato. Chi governa senza intendersi di faccende militari, pertanto, oltre alle infelicità già citate, non può essere stimato dai suoi soldati né può fidarsi di loro”.
(Niccolò Machiavelli,“Il Principe”, cap. XIV; adattamento della versione originale effettuata da chi scrive)
Incipit 2
“Nihil rerum mortalium tam instabile ac fluxum es quam fama potentiae non sua vi nixa. (Nulla nelle cose umane è tanto instabile e precario quanto la fama di un potere che non si fondi sulla propria forza). (Tacito, “Annales”, XIII,19). La frase è citata nel capitolo XIII de “Il Principe”, probabilmente a memoria e quindi con il testo leggermente variato, “E fu sempre opinione e sentenzia delli uomini savi, quod nihil sit tam infirmum aut instabile quam fama potentiae non sua vi nixa (che nulla è tanto debole o instabile come la reputazione di un potere che non si basi sulla propria forza).
Non c’è più tempo
Lasciamo stare le paturnie del Segretario fiorentino – non è questa l’occasione per parlarne – e prendiamoci quel poco di buono che traspare dalla sua opera più famosa, che ovviamente non riguarda la frase su fini e mezzi, da tanti (troppi) pronunciata in modo grossolano e fuorviante, snaturandone la vera essenza. Le frasi dell’incipit, invece, non si prestano a equivoci interpretativi e lasciano chiaramente intendere che un “principe” senza armi è destinato a fare una brutta fine, cosa che ci ricorda ogni giorno quell’eroe, non a caso eletto uomo dell’anno(2022) dal Time e dal Financial Times, che risponde al nome di Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj, stupor mundi per le straordinarie doti, misconosciute anche alla maggioranza del suo popolo, emerse sin dal primo giorno dell’ignominiosa invasione russa.
Ieri gli ha fatto da eco il suo ministro degli Esteri, Dmytro Ivanovyč Kuleba, durante una conferenza stampa presso la stazione ferroviaria della devastata Charkiv (non è un refuso: si scrive così, non Kharkiv, come fanno milioni di colleghi), rispondendo ai cronisti italiani che gli chiedevano un parere sui tempi di consegna dello scudo anti aereo: «Non si può parlare di ritardi, forse, ma certamente la nuova fornitura di armi dovrebbe essere accelerata». Alla conferenza stampa era presente anche il ministro degli esteri tedesco, Annalena Baerbock, alla quale il paziente e pacato ministro ucraino, sempre rispondendo ai giornalisti, ha rivolto un indiretto appello, estendendolo a tutti i governi occidentali: «So che alla fine la Germania e gli altri Paesi europei ci invieranno altre armi, ma, mentre voi discutete e riflettete, qui la nostra gente continua a morire sotto le bombe russe». Dopo ventidue secoli, la locuzione latina Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur,coniata da Tito Livio per esprimere il proprio sdegno sul chiacchiericcio romano mentre Annibale Barca metteva a ferro e fuoco la bella città spagnola, è tristemente attuale.
In Italia non sono pochi coloro che si oppongono alla consegna dello scudo di difesa Samp T all’Ucraina, adducendo varie ragioni: ne abbiamo pochi, non possiamo privarcene perché servono a proteggerci in caso di attacco, costano molto, non è facile rimpiazzarli perché realizzati in combinata nell’ambito del programma di difesa italo-francese FSAF: Famiglia di Sistemi Superficie Aria. (Lo so che si poteva scegliere una sigla meno criptica, ma nel mondo militare non si ragiona con la mente degli esperti di marketing).
Senza tanti giri di parole, pertanto, diciamo a chiare lettere che nessuna di queste argomentazioni sta in piedi. Il sistema serve precipuamente in una guerra convenzionale, cosa che – almeno per il momento – è da escludere sul suolo patrio: Putin non ha ancora conquistato tutti i Paesi che ci separano dai suoi territori. Nell’altra “opzione”, che non mi va nemmeno di citare, non servirebbero a nulla. Del tutto stucchevoli, irritanti e cinicamente stupide, inoltre, sono le argomentazioni di carattere economico: sono costosi, certo, ma quanto vale la vita dei cittadini ucraini che si stanno immolando anche per tutelare la libertà di coloro che sparano quotidiane minchiate in ogni dove e purtroppo anche lì dove si dovrebbero decidere solo cose sensate?
Si faccia presto, pertanto, perché in Ucraina si muore! E non ci si limiti solo a questo.
Putin sta organizzando una terribile offensiva primaverile con ben cinquecentomila uomini! Il bagno di sangue che ne scaturirà, su entrambi i fronti, non è immaginabile da mente umana. Davvero siamo capaci di assistere al secondo genocidio del popolo ucraino e alla perdita di tanti giovani russi che tutto vorrebbero fare fuorché la guerra, restando inermi? La forza di Putin non scaturisce dalla debolezza degli ucraini, al cospetto dei quali dovremmo tutti scattare sull’attenti, ma dalla nostra! La debolezza di una sgangherata Europa che ricorda tanto il chiacchiericcio romano alla vigilia della seconda guerra punica.
Non possiamo intervenire come Nato; non possiamo intervenire come singoli Paesi, inviando le nostre truppe a sostegno di quelle ucraine, ma vogliamo almeno dare un “segnale” forte affinché Putin capisca che non la può proprio vincere questa guerra? La vogliamo smettere di ciarlare in modo insulso nei media? Vogliamo tacitare una volta e per tutte “i putiniani de noantri” che parlano a vanvera di cose di cui con capiscono una beata mazza nei comodi salotti televisivi, per giunta lautamente retribuiti? Si costituisca un embrione di “vero esercito europeo”, anche di non ingente quantità numerica ma con reparti altamente specializzati, guidati da un’unica linea gerarchica, da comporre con piena armonia, accantonando le deprecabili gelosie e ambizioni personali. Si pensi solo ai poveri cittadini ucraini massacrati dai russi e ai valorosi soldati che combattono con risorse limitate e nonostante tutto stanno resistendo con un amor patrio che dovrebbe indurre tutti coloro che non fanno nulla per aiutarli a vergognarsi. Almeno a vergognarsi. E mi fermo qui.