NON TOGLIETE LA DIVISA AGLI UFFICIALI

Nella foto: militari in congedo durante una cerimonia all’Altare della Patria. Il generale Ippolito Gassirà, presidente U.N.U.C.I. regione Campania, secondo da sinistra, indossa la divisa sociale e non quella ufficiale in ossequio alle disposizioni dello Stato Maggiore della Difesa.

I militari in congedo, da oltre tre anni, per decisione dello Stato maggiore della difesa, non possono indossare la divisa al fine di evitare ogni possibile confusione con i militari in servizio. Gli iscritti alle associazioni d’arma formalmente riconosciute dal Ministero della difesa, quando dovessero partecipare a cerimonie o eventi (esempio: feste nazionali; commemorazioni dei caduti in guerra e di rilevanti eventi storici; convegni tematici; etc.) sono autorizzati ad indossare solo gli elementi uniformologici e gli accessori eventualmente stabiliti da ciascuna Forza Armata.

Il regolamento per la disciplina delle uniformi è molto articolato e indica chiaramente le ragioni connesse alla preclusione, in massima parte ampiamente condivisibili, soprattutto per quanto concerne le forze dell’ordine e gli ex militari di leva. Ogni associazione d’arma, del resto, ha una propria divisa sociale e ciascun iscritto può onorare lo spirito di appartenenza indossandola nelle numerose celebrazioni annuali, a cominciare dai rispettivi raduni nazionali.

Questo appello, pertanto, rivolto al ministro Crosetto e ai vertici militari, riguarda precipuamente gli iscritti all’U.N.U.C.I. (Unione nazionale ufficiali in congedo d’Italia), perché per loro il discorso è sostanzialmente diverso.

Parliamo di ufficiali, soprattutto di alto rango, che hanno ultimato la carriera con il grado di generale (non importa se di brigata, divisione o corpo d’armata), spesso dopo aver ricoperto importanti ruoli in ambito internazionale. Parliamo, altresì, di ufficiali di grado inferiore che, a un certo punto della loro carriera, hanno scelto di transitare nella vita civile, lavorando nella pubblica Amministrazione o in importanti aziende.

Per queste persone, rinunciare alla divisa, dopo aver abbandonato il servizio per limiti di età o per dedicarsi ad altre professioni, è particolarmente doloroso. Un ufficiale non cessa mai di essere tale e privarlo della divisa vuol dire privarlo del suo senso patriottico, di farlo sentire un corpo estraneo in un contesto del quale vuole essere ancora parte integrante, sia pure senza alcun potere effettivo. Non occorre avere una laurea in psicologia per comprendere la ferita lancinante che provoca un distacco troppo marcato in soggetti che, sin dall’inizio della carriera militare, siano stati al comando di truppe, cibandosi di quella stima e di quell’affetto che in talune occasioni, soprattutto drammatiche, sfiora la venerazione.

La speranza, pertanto, è che il ministro Crosetto, di concerto con lo Stato maggiore della difesa e il pieno assenso del Presidente del Consiglio dei ministri, trovino una soluzione all’angoscioso problema. Nessuno chiede di indossare “quotidianamente” la divisa dopo il congedo, ma solo nelle cerimonie ufficiali. La “confusione” è facilmente evitabile aggiungendo sulla divisa il logo dell’U.N.U.C.I., in modo da rendere ben identificabile il portatore. Trascorrere gli anni post-servizio sentendosi “abbandonati e bistrattati” da quello Stato che si è servito per decenni, magari a prezzo di immani sacrifici, accorcia la vita. Sentirsi apprezzati e “pienamente attivi”, soprattutto quando l’incedere dell’età allontana sempre più dal glorioso passato, l’allunga.  Chi abbia il potere di allungare la vita delle persone, pertanto, non rinunci a questo privilegio e sia fiero delle proprie buone azioni nei confronti di chi è sempre pronto a sacrificarla per tutelare quella altrui.

Da sx: Gino Abbro (Segretario ANB Caserta), Lino Lavorgna (Vicepresidente provinciale ANB Caserta) Generale Ippolito Gassirà (Presidente UNUCI Campania), Salvatore Serino (Vicepresidente Associazione nazionale combattenti e reduci provincia di Caserta)

L’articolo è disponibile anche nel quotidiano on line “Ondazzurra” e nel numero 114 del mensile “Confini“.

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