LE FRODI ALIMENTARI

Solo inasprendo le pene si
può combattere il fenomeno criminale.

LE FRODI ALIMENTARI

  

Non vi è giorno, oramai, che non si scopra un manipolo di imprenditori, o pseudo tali, criminali, che immettono sul mercato prodotti alimentari dannosi per la salute: dalla carne avariata e scaduta alle uova con i vermi, dal pesce scongelato e venduto per fresco al vino adulterato con sostanze cancerogene, dalle conserve lavorate in Cina in condizioni igieniche pietose ed etichettate come se fossero state prodotte in Italia al latte, ai formaggi, agli insaccati nei quali è infilato di tutto, siamo bombardati da una mole di preoccupanti notizie che dovrebbero farci aprire gli occhi circa la qualità della vita, ai giorni nostri.

Dovrebbero, perché in realtà non è così. L’assuefazione all’ineluttabilità degli eventi è un pericolo ben maggiore dei reati perpetrati dai criminali. E’ come se si volesse sfuggire alla realtà, che non si riesce a sopportare, sperando che il salumiere o il supermercato abitudinariamente frequentati siano fuori del giro.

Le frodi alimentari, pertanto, investono complesse problematiche della nostra vita, che trascendono la mera caratterizzazione dell’azione. E pongono severi interrogativi. Che cosa spinge un essere umano a condannare a morte migliaia di altri esseri umani? (E’ inutile giocare con le parole: l’alimentazione è alla base della salute e gli effetti devastanti dei cibi contraffatti non sono sottaciuti dagli esperti e dai medici, anche se il loro messaggio d’allarme non raggiunge un’ottimale cassa di risonanza). E’ semplice, no? La voglia di arricchirsi facilmente e senza troppi sforzi. E’ questo l’imperativo categorico del mondo contemporaneo. La vita è breve e dei posteri non me ne frega nulla. Del resto, sosteneva qualcuno, filosofeggiando sulle differenze tra realtà dionisiaca e realtà apollinea: “che hanno fatto i posteri per noi”? Nulla, e quindi possono andare al diavolo. E pazienza se tra loro vi sono anche i nostri figli e i nostri nipoti.

Il problema, quindi, è, come sempre, “di natura culturale”. Questa società senza freni ha liberato le coscienze, lasciandole esplodere in un magma caotico nel quale le regole appaiono sempre più una finzione di stampo puramente accademico. L’ipocrisia figlia dell’illuminismo regna sovrana e detta condizioni che appaiono ridicole nella loro saccente propensione al bene. Mi è capitato di leggere, nei giorni scorsi, una tesina redatta, tra l’altro in modo magistrale, da un giovane medico prossimo alla specializzazione. Mi sono venuti i brividi. Se non conoscessi, purtroppo anche per esperienze personali, la triste realtà del nostro sistema sanitario, avrei creduto di trovarmi al cospetto di un efficientismo e di un’etica da fare invidia alla Sanità Francese o Nord-Europea, in genere. Il docente, di fatto, aveva suggerito formule espositive atte solo ad esaltare il nostro sistema sanitario: ipocrisia allo stato puro.

Chi può fare qualcosa? Nessuno, al di fuori di noi stessi. Il muro di Berlino non è caduto perché “qualcuno lo ha ordinato o lo ha stabilito per legge”. Diamoci tutti una mossa e interroghiamoci se il nostro modo di vivere sia consono ad una vera civiltà, adeguato e soprattutto serio ed onesto.

E combattiamo, senza indugio, i malfattori. A cominciare da quelli che li proteggono sugli scanni più alti delle Istituzioni. Smettiamola con questi falsi atteggiamenti para-buonisti, che alimentano leggi atte sole a tutelare gli interessi di chi, le leggi, è solito violarle con metodica abitudine.

Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un volontario di Amnesty International che chiedeva contributi per i detenuti. “Mi dispiace – gli ho replicato – ma visto che siete in tanti a preoccuparvi di chi sta in galera, vi è bisogno anche di qualcuno che pensi alle vittime di costoro. Ed è a loro che va il mio contributo solidaristico”.

Il nostro codice penale fa acqua da tutte le parti. E’ arrivato il momento di stabilire, a chiare lettere, ciò che Cicerone asseriva già duemila anni orsono: “La libertà di ciascuno finisce lì dove inizia quella dell’altro”. E non è possibile andare avanti così.

Negli anni settanta si parlava di istituire la pena di morte per i reati più gravi. Beh, forse è il caso di riparlarne

 

 

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.